Cosa fare se arriva la cartella esattoriale al defunto?



Capita spesso che una cartella esattoriale arrivi a un genitore defunto. In questo caso l'errore più comune dei familiari è di accettare la cartella e di non respingerla facendovi mettere dal postino la dizione "destinatario defunto", possibilmente con l'esibizione di un certificato di morte. Lo stesso bisognerebbe fare se la cartella esattoriale è  recapitata da un messo comunale o da un Vigile, i quali potranno approfondire chiedendo se ci sono eredi. Se nessuno ha ereditato qualche cosa, è necessario rispondere che non ci sono eredi.
 A questo punto la cartella ritorna all'ufficio mittente.

Se si tratta di una sanzione amministrativa non fiscale, per esempio una contravvenzione stradale, la cartella deve essere archiviata, perché l' articolo 7 della legge n. 689 del 24/11/1981 vieta espressamente la trasmissibilità di ogni sanzione amministrativa agli eredi.

Se invece si tratta di un tributo o del bollo auto ( nessuno si ricorda che la macchina del defunto inutilizzata deve comunque pagare il bollo), l'ufficio tributario dovrebbe verificare se ci sono eredi che hanno effettivamente ereditato. Ma non lo fa mai perché e quindi verifica semplicemente, attraverso il collegamento telematico con l'anagrafe, se il defunto ha coniuge, figli o fratelli: a uno di questi, scelto a caso, invia di nuovo la cartella esattoriale. Può farlo sia perché la legge consente di rivalersi su uno qualsiasi dei potenziali
eredi (il quale a suo volta dovrà poi darsi da fare con gli altri per recuperare quanto pagato), sia
perché sta all'interessato dimostrare che non ha ereditato qualche cosa. Intanto, però, l'ufficio
mittente deve riformulare la cartella esattoriale depennandola dalle sanzioni: infatti, il decreto legislativo n. 472/1997 ( 23/12/1996) ha stabilito che gli eredi devono pagare l'importo delle tasse eventualmente evase o dovute dai defunti, ma non le sanzioni e le soprattasse. 
Ecco perché inizialmente è opportuno respingere la cartella indirizzata al defunto.



Se poi la cartella è "pazza" o se l'ufficio mittente se ne infischia di riformulare la cartella depennando sanzioni e soprattasse, l'erede è costretto a ricorrere alla procedura di autotutela.
Bisogna inviare allo stesso ufficio tributario creditore che figura nella cartella - e per conoscenza all'esattoria - una raccomandata AR, allegando fotocopia della cartella stessa e chiedendone la corretta riformulazione senza le sanzioni, ai sensi sia del decreto ministeriale n. 37/1997 per errore palese (è il cosiddetto decreto sulla "autotutela"), sia degli articoli 8 e 25 del decreto legislativo n. 472/1997 per non trasmissibilità agli eredi delle sanzioni.

Tuttavia in molti casi i cosiddetti eredi non hanno ereditato nulla e, quindi, non essendo eredi non dovrebbero pagare la cartella esattoriale. Come si fa a provare di non aver ereditato nulla?
Di nuovo, il fisco non se ne preoccupa, nella presunzione che i familiari possano anche aver ereditato i gioielli o un pacco di soldi che il defunto teneva sotto il materasso, senza alcun atto formale.
L'articolo 474 del Codice civile stabilisce infatti che l'accettazione dell'eredità può essere espressa (con dichiarazione formale di accettazione) o tacita. In quest'ultimo caso sta al presunto erede dimostrare che, pur tacendo, non ha ereditato nulla, ma è una prova diabolica, perché potrebbe anche aver ereditato il portafoglio del defunto con qualche spicciolo. A rigore, anche se non esiste alcun bene da ereditare, bisognerebbe fare una "rinunzia all'eredità" con dichiarazione al cancelliere del tribunale civile, che in base all'articolo 519 del Codice civile tiene il "registro delle successioni" diviso in tre parti, di cui la prima riguarda le acccttazioni, la seconda le rinunce e la terza le nomine dei curatori testamenrari.

Per rinunciare all'eredità, anche se è inesistente, c'è tempo dieci anni e l'articolo 521 del Codice civile stabilisce che la rannida è retroattiva, quindi si può opporre a qualsiasi pretesa del fisco o di eventuali creditori.


Fonte: Scelte del Consumatore - mar. 2006

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